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Montevergine: la festa della Candelora

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Da secoli il 2 febbraio è il giorno in cui migliaia di fedeli provenienti da tutta la Campania e da fuori regione salgono al santuario di Montevergine in Irpinia per omaggiare la Madonna nera, la Mamma Schiavona che perdona tutto.

Migliaia di pellegrini, credenti, devoti che incuranti del freddo sfidano le più avverse condizioni metereologiche salendo fino ai 1270 metri del Santuario. Qui si fermano a pregare e ricevere la benedizione della Mamma Schiavona.

La festa della Candelora ha origini antichissime

É una tradizione che ha origini secolari, una festa che trae spunto forse da antichi riti pagani, probabilmente dalle tradizioni ebraiche secondo le quali una donna che avesse partorito un figlio maschio era considerata impura per i successivi 40 giorni dopo il parto. Per purificarsi avrebbe dovuto recarsi al Tempio, ed infatti se si contano 40 giorni dopo il 25 dicembre, giorno in cui è nato Gesù, si arriva al 2 febbraio.

Come la maggior parte delle feste dedicate alla Madonna, anche questa trae origine da antichissimi riti precristiani che avevano lo scopo di propiziare dei buoni raccolti. Probabilmente dovremmo addirittura risalire ai Lupercalia, gli antichi riti che si svolgevano proprio a febbraio, quando la natura si rigenera e i semi mettono le radici per dare poi dei buoni raccolti. In questo periodo, infatti, le donne della comunità portavano in processione delle candele accese a simboleggiare che l’oscurità dell’inverno stava per terminare e che il tepore della primavera avrebbe presto preso il sopravvento.

La Mamma Schiavona protettrice dei femminielli

La festa della Candelora è anche una festa cattolica un po’ diversa dalle altre perché fra i principali protagonisti ci sono i “femminielli” che salendo fino al santuario, la cosiddetta Juta dei femminielli, invocano la Madonna e recitano preghiere in suo onore. La Mamma Schiavona è la loro protettrice, la Vergine che tutto perdona e che accoglie tutti, soprattutto gli ultimi sulla terra.

Oggi la Juta rappresenta un momento pittoresco per riaffermare l’orgoglio gay e un’occasione per rivendicare pubblicamente la propria libertà. Del resto, nella cultura popolare napoletana il femminiello con la sua ambiguità ha sempre rappresentato qualcosa di sacro, di divino, perché è la sintesi del soprannaturale, è lo spirito che racchiude in sé gli opposti, il maschio e la femmina, ed è sempre stato accettato e rispettato.

Già molti secoli prima dell’avvento di Cristo, i sacerdoti eunuchi devoti a Cibele, la grande madre nera che simboleggiava la natura, si recavano al tempio che sorgeva nella zona dove ora si trova il Santuario per venerarla. I sacerdoti evirandosi avevano offerto il loro sesso alla dea e manifestavano le loro inclinazioni sessuali liberamente e in maniera disinibita.

L’origine della devozione dei femminielli per la Madonna è da ricercare, inoltre, in un’antica tradizione medioevale, secondo la quale nel 1256 due omosessuali, scoperti dai compaesani a baciarsi segretamente, crearono un così forte disgusto nella comunità che questa decise di allontanarli e di lasciarli morire di fame e di stenti sul monte Partenio, legati ad un albero. La Vergine, mossa a compassione e vedendo quanto si amassero, li liberò con un raggio di luce che li riscaldò e sciolse le catene, concedendo loro di tornare nella comunità e di amarsi liberamente senza più nascondersi. La comunità stessa li accolse benevolmente, dopo aver constatato il miracolo operato dalla Vergine.

Una giornata di offerte e di sacrificio

Normalmente tantissimi pellegrini iniziano ad arrivare il giorno precedente la festa a Ospedaletto d’Alpinolo, l’ultima tappa prima di iniziare l’ascesa verso il Santuario. In questo paese, infatti, tradizionalmente i pellegrini sostano per riposarsi e rifocillarsi in vista della lunga camminata a piedi che li attende il giorno dopo. Il pomeriggio e la sera ci si intrattiene in piazza con la musica delle paranze e con le classiche tammurriate.

Il 2 febbraio è una giornata di sacrificio e di sudore! Per arrivare alla sommità della montagna dove si trova il Santuario ci vogliono oltre due ore di cammino e, nonostante il freddo pungente, si fatica molto.

É un pellegrinaggio lento, dove i devoti percorrendo il Sentiero dei Pellegrini partecipano emotivamente alla scalata giungendo alla Cappella dello Scalzolaio. Altra tappa del pellegrinaggio è il Trono della Madonna, una grande roccia che, narra la tradizione, abbia fatto da sedia alla Madonna che saliva al Partenio.

Il sentiero prosegue per incontrare il Tiglio Sacro e più avanti ancora le Stazioni della Via Crucis. Le tammurriate e i canti accompagnano i pellegrini per tutto il percorso, per esplodere in festa una volta arrivati sul sagrato del Santuario.

Molto belli e suggestivi sono i canti eseguiti sulla Scala Santa, la scala che porta alla Chiesa: un solista si ferma ad ogni gradino, intona un coro per chiedere intercessione alla Vergine e il resto dei pellegrini lo conclude. Si prosegue così, lentamente, per tutti e 23 i gradini che simboleggiano la montagna.

Le tammurriate cessano quando si entra nella Chiesa, per poi riprendere freneticamente quando si esce al termine della messa.

Il momento più significativo è quello dell’accensione e della benedizione delle candele. Questo è l’atto con il quale i pellegrini riconoscono in Gesu la vera luce del mondo, venuta sulla terra per dissipare l’oscurità delle tenebre.

Come arrivare al Santuario di Montevergine

 Il Santuario di Montevergine è situato ad un’altezza di 1270 metri s.l.m. e dista circa 51 chilometri dall’aeroporto di Napoli Capodichino.

  • In auto: percorrere l’autostrada Bari-Napoli, uscire ad Avellino Ovest ed immettersi sulla strada Nazionale per Montevergine. Giunti ad Ospedaletto d’Alpinolo prendere la strada Statale per Montevergine
  • In treno: arrivare fino alla stazione di Avellino, quindi prendere un bus fino a Mercogliano e da qui la funicolare per Montevergine
  • Con i mezzi pubblici: da Piazza Garibaldi di fronte alla stazione centrale di Napoli prendere uno dei pullman diretti a Montevergine

Cosa mangiare nei dintorni del Santuario di Montevergine

Certamente il fatto di essere in Campania offre la possibilità di assaggiare alcune delle specialità tipiche. Se ci aggiungiamo che ci troviamo in Irpinia, patria di vini rinomati, allora vale  la pena venire alla festa della Candelora!

Lungo il percorso che porta al Santuario ci sono diversi agriturismi e ristoranti nei quali vale la pena fermarsi. Tra le specialità locali consigliamo il prosciutto crudo di Fontanarosa, la pancetta tesa, i capicolli, la ricotta di pecora. Da assaggiare assolutamente le rape con patate e il formaggio primosale di Calitri.

Una menzione particolare merita il fiocco di maiale di latte. Questo piatto è costituito da tenere fette di maiale al forno, condite con olio extravergine di oliva a crudo ed erbe aromatiche.

Fra i vini segnaliamo il Taurasi prodotto con uve Aglianico, il Coda di Volpe ma, soprattutto il Fiano di Avellino. Quest’ultimo è il vino più rappresentativo della zona.

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